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Il titolo potrebbe essere fuorviante, non vuole essere questa una riflessione sull’eros, sulla disinibizione che il vino esercita nei rapporti tra i sessi o sull’euforia che l’alcol induce.
Vorrei invece porre l’attenzione su un aspetto che forse passa spesso inosservato, ovvero quante donne e in numero sempre crescente si dedicano alla viticoltura e con risultati eccellenti tra l’altro.
Coltivare la terra è un lavoro duro, da uomini verrebbe da dire, la viticoltura è per persone forti, vigorose, si deve fare i conti con la Natura, una lotta impari. Si associa facilmente l’idea che il gentil sesso mal si coniughi con il lavoro in vigna, poco adatto al mantenimento di una decorosa cura del corpo, mani, piedi, capigliatura, volto, eccetera, eccetera. Inoltre spesso occorre prestanza fisica, forza, tenacia, tutte caratteristiche che nell’immaginario collettivo si ricollegano a un uomo.
Per cui la figura del vignaiolo si traduce solo al maschile? Forse un tempo, da alcuni anni ormai non è più così. La coltivatrice diretta, la produttrice donna è ormai una splendida realtà nel panorama enologico italiano e non solo. Dal nord al sud dello Stivale la lista di donne di successo è lunghissima, artefici di vini d’eccellenza assoluta: Marilena Barbera e Arianna Occhipinti in Sicilia, la bravissima Elena Fucci nel Vulture, le toscane Donatella Cinelli Colombini, Letizia Cesani, Giovanna Morganti e Caterina Dei. Come dimenticare Maria Teresa Mascarello che crea capolavori di Barolo nelle Langhe o di Virna Borgogno?

Nel mondo delle bollicine italiane non posso non citare Camilla Lunelli dell’azienda Ferrari e Lucia Letrari, entrambe grandi ambasciatrici del Trentodoc. Sulle sponde del lago d’Iseo invece, Silvia Uberti e Maria Luisa Santus sono due limpidi esempi di come le donne abbiano un’abilità pari se non superiore a quella degli uomini. Ma l’elenco di donne del vino continua, un’impresa ardua nominarle tutte!
Come dimenticare, inoltre, le due epiche Madame dello Champagne? Francois Cliquot che rimasta vedova giovanissima assumerà con coraggio le redini dell’azienda immortalandosi per sempre come la celebre Veuve Cliquot. Oppure la leggendaria Lily Bollinger e la sua mitica bicicletta che utilizzava negli spostamenti tra i vigneti?


Sarà per la loro particolare sensibilità, per il loro innato intuito e cura dei dettagli ma i vini creati dalle donne hanno quell’elemento “x” che li contraddistingue, che per certi versi li rende unici.

Eleganti, raffinati, il tocco della viticoltrice influenza il carattere finale del gusto e dell’olfatto. Stanchi dello stereotipo di donna in carriera, tacco 12 e tailleur, la donna campestre, o come la definiva l’artista distillatore piemontese Romano Levi, “la donna selvatica che scavalica le colline”, con il suo fascino misterioso e autentico, quasi ancestrale, colpisce sempre più l’interesse maschile.

Per cui auspico che questo folto gruppo di viticoltrici si allarghi sempre più e che negli
scaffali delle enoteche siano maggiormente presenti bottiglie “in rosa”, dallo stile delicato ma dallo
spirito guerriero.


Buon vino e Drink Secco!

Miglior Sommelier d’Italia 2019

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